Proposta per uno sviluppo possibile della strada ferrata in Irpinia.
Studente sognai scorrendo le mirabili descrizioni di Ippolito Nievo, che, ragazzo, raccontava di nobili, fantesche, fumi, umori di vita del castello di Fratta, delle cucine, del paesaggio intorno. Associai quel castello al palazzo marchionale, che domina imperioso il centro storico della mia Taurasi.
In esso, come a Fratta, soggiornarono un tempo, alternando la vita cittadina a quella del borgo, i nobili proprietari con i loro ospiti, riunitisi per assaporare le primizie dei nostri campi, effettuare battute di caccia, festini al palazzo. Sul portone d’ingresso uno stemma in chiave,scolpito in pietra, è il testimone della Signoria di Carlo Gesualdo, Principe di Venosa, Conte di Conza, Signore di Taurasi, che nel 1593 sposò Eleonora d’Este, figlia di Alfonso, Duca di Ferrara.
Nelle sue cucine ci doveva essere sicuramente la stessa vitalità, la stessa agitazione di fantesche e nobili, così come spiegava il giovane Ippolito.
Stimolato da tali sentimenti, mi sono lasciato andare a scrivere queste pagine per indagare negli aspetti peculiari, per capire se, oltre a rinnovare le ragioni per continuare ad amarlo, sia possibile pensare ad un Parco naturale, avente come punto forte, tra le altre risorse, anche la ferrovia, l’Av-Rocchetta S.A..
C’è ancora oggi un treno a Diesel, che si insinua quasi silenzioso nel cuore della nostra Irpinia, – erede di quel famoso treno a vapore che tolse dall’isolamento parte delle nostre terre, portando un certo progresso- che parte da Avellino, si insinua nel giogo delle tante colline irpine, tocca Salza Irpina, poi Montefalcione, Montemiletto, Lapio, correndo poco al di sopra del nostro fiume il Calore,Taurasi, Luogosano, S.Mango, Paternopoli, Castelvetere, Castelfranci, Cassano irpino, Montella, Nusco, posta a cavalier tra i due versanti dell’Ofanto e del Calore. Superato l’Ofanto, giunge a S.Angelo dei lombardi. Da S.Angelo la ferrovia continua in discesa seguendo il corso di questo fiume, arriva a Lioni. Poi c’è la fermata di Morra de Sanctis, e di lì le stazioni di Conza- Andretta- Cairano, poi Calitri, Pescopagano, Rapone Ruvo e S.Tommaso (in prov. di Potenza), poi rientra in provincia di Avellino; poi,superato l’Ofanto, di nuovo in territorio potentino, tocca la staz. di Monticchio (Pz), poi Aquilonia (AV), poi Monteverde; giunge successivamente alla fermata di Pisciolo e di lì alla stazione di Rocchetta S.Antonio, dove la linea si biforca da un lato verso Potenza, in Lucania, e dall’altro verso Foggia, in Puglia. Per la realizzazione di questa linea, che fu inaugurata nel 1895, fu necessaria tanta perseveranza e una lotta costante di tanti deputati Irpini, tra cui Francesco de Sanctis.
La tratta è servita per togliere dall’isolamento comunità isolate di contadini e pastori per collegarli alla provincia di appartenenza, Avellino, ma anche a Napoli e poi a Benevento e, dal versante opposto, a Foggia, Bari, Potenza.
Alle sue fermate attesero il treno gli emigranti che partivano per le Americhe, quelli che partirono per le miniere del Belgio e per altri Paesi del mondo; i nostri soldati, i viaggiatori occasionali, i pendolari, gli studenti per raggiungere le scuole della Provincia e le varie Università, tra cui quella di Napoli.
Oggi questa ferrovia è considerata un “ramo secco”, tenuta in vita forse per mettere in mostra lo stato di degrado in cui versa la nostra terra.
C’è da dire, pure, che oggi c’è l’Ofantina bis, che corre quasi parallela alla ferrovia; poi c’è una superstrada che congiunge Contursi (Autostrada SA-Reggio Calabria) con Lioni e, fra alcuni anni, con Grottaminarda (che si collegherà sicuramente all’autostrada di Napoli-Bari).
Malgrado ciò, la strada ferrata a mio avviso rimane pur sempre un supporto alternativo interessante alla strada gommata perché permette meglio lo snellimento dello smercio dei nostri prodotti, perché è la strada ferrata che, non creando ingorghi, meglio serve e/o servirebbe i nuclei industriali e che, con minore dispendio di denaro, potrebbe consentire un servizio che probabilmente agevolerebbe la sopravvivenza degli stessi. Se si adeguano i servizi, può crearsi una opportunità in più al flusso dei viaggiatori, ma, più di tutto, contribuire in modo efficace allo sviluppo turistico.
Sicuramente per le bellezze del paesaggio e la caratteristica peculiare di ogni comune, grazie alle risorse culturali e ambientali, basterebbe puntare solo sul turismo. Dall’arretratezza dei nostri luoghi, visto lo sviluppo degli altri,delle grandi città del Nord e delle realtà internazionali, oggi noi potremmo trovare una ragione di vita puntando sul turismo, proponendo al mondo il nostro clima, l’aria pura, i luoghi fertili e suggestivi, che oggi fanno considerare le nostre zone luoghi interessanti per le vacanze in alternativa ai posti di mare, Tirreno e Adriatico.
Con questo obiettivo anche noi oggi siamo in grado di pensare a prospettive turistiche. In base a tali premesse, verifichiamo se ci sono i requisiti per chiamare “Parco naturale, a cominciare dal Parco Letterario del De Sanctis” tutta la tratta; è possibile ritenere che nella nostra Irpinia i Parchi , che potrebbero sorgere, sono diversi?
Potrebbe svilupparsi un Parco fluviale, recuperando un minimo vitale di portata d’acqua, controllando e potenziando la fauna, composta da volatili e pesci che attualmente lo popolano (Parco faunistico), controllando la flora, favorendo la creazione di invasi sia per la realizzazione di spiaggette, sia per il recupero dell’acqua piovana da asservire allo sviluppo dell’agricoltura.
Con questo obiettivo, a lungo (lunghissimo) termine, pensiamo ad un percorso, che tiene conto del tracciato seguito in grandi linee dalla tratta Avellino-Rocchetta S.A:
Area del terminio Cervialto-
Comprende circa 200 chilometri di percorso che si consiglia di effet¬tuare in due giorni.
E’ un zona abitata fin dalla preistoria e segnata da testimonianze archeologiche, artistiche e monumentali. Notevoli le ricchezze naturalistiche e ambientali: basti pensare che il solo Progetto Bioitaly (messo a punto tra Regione Campania, Ministero dell’Ambiente e Commissione Europea) ha individuato 11 aree d’assoluta uni¬cità: Alta Valle del Calore Irpino, Alta Valle dell’Ofanto, Monte Accellica, Monte Cervialto e Montagnone di Nusco, Monte Terminio, Monte Tuoro, Piana del Dragone, Piani Carsici del Terminio, Piano di Laceno, Querceta dell’Incoronata, Vallone Matrunolo e Alta Valle del Sabato: oltre 26.000 ettari di natura incontami¬nata.
La fauna comprende mammiferi (gatto selvatico, lontra, lupo), numerose specie di uccelli (allodola, aver¬la, aquila reale, beccaccia, calandro, colombaccio, cuculo, falco pecchiaiolo, falco pellegrino, grillaio, gufo reale, lanario, martin pescatore, merlo, nibbio bruno, nibbio reale, picchio nero, quaglia, succiacapre, tordela, tortora, tottavilla, starna), rettili (biacco, cervone, saettone, natrice tassellata, orbettino, luscegnola, ramarro, coronella); gli anfibi comprendono ululone a ventre giallo, salamandrina dagli occhiali, salamandra pezzata, rana, raganella e tritone crestato; pesci (arborella e barbo).
Molto ricca è la flora, per la quale si segnalano: piop¬po, faggio, leccio, cerro, castagno, roverella, tasso, ontano, agrifoglio, crespolina napoletana e praterie d’alta quota (che comprendono stellina calabrese, coda di topo, aquilegia, verbasco, cresta di Wettstein, spillone del Cilento, festuca di Calabria, salvastrella, vedovella, trifoglio).
Area dell’ Alta Irpinia-
Comprende il vasto ter¬ritorio della parte più orientale dell’Irpinia, al confine con Puglia e Lucania, segnato dal susseguirsi di valli e rilievi, corsi d’acqua e laghi. Un’area abitata fin dalle più antiche epoche che richiede la percorrenza di circa 250 chilometri; pertanto si suggerisce di visitarla in due giorni, sostando lungo il percorso, dove le attrezzature ricettive sono ottime.
In tutti i centri il visitatore avrà modo di ammirare borghi che conservano tratti medio¬evali, splendidi esempi d’architettura civile e religiosa, raccolte d’arte, di fare shopping esclusivo nelle botteghe artigiane e concludere con una sosta nei punti di ristorazione dove servono menù sani e genuini.
Ricco di folklore e di storia, di millenarie tradizioni e profonda cultura, quest’itinerario presenta arte e archeo¬logia, scorci paesaggistici e ambiente e natura incontaminati.
Il Progetto Bioitaly – di Regione, Ministero e Commissione Europea ha individuato sei zone di grande importanza ambientale (Siti di Interesse Comunitario):
Alta Valle dell’Ofanto, Boschi di Guardia e Andretta, Bosco di Castiglione, Lago di Conza, Lago S. Pietro, Querceta dell’Incoronata, che da soli coprono circa 15.000 ettari, cui vanno ad aggiungersi le aree lacustri di Sarda, Tanga, Canne, Grata, Ansanto, Baggianiello, Difezze, Piani di Provolacchio, S. Maria in Elce, Abbazia, Calvario, Gagliano, Carapelle e le cascate di Borgo Sao e Vullo.
La fauna comprende, tra le altre specie, cinghiali, lepri, lupi, volpi, faine, tassi, quaglie, beccacce, fagiani, nibbi, falchi, gru, aironi, martin pesca¬tori, picchi, albanelle, pettirossi, poiane, salamandre, tritoni, barbi, arborelle. La flora è composta da vege¬tazione di prateria, faggi, castagni, lecci, roverelle, agrifogli, cerri, aceri, cannucce, sparti, salicornie e pioppi.
L’Irpinia e la tratta-
Quando la linea era attiva serviva molti altri paesi non toccati dalla strada ferrata.”Intorno alla ferrovia ruotava tutto un mondo” (dirà Tonino Spagnolo, un capotreno che per molti anni ha lavorato sulla linea in oggetto.- vedi articolo sul libro “Avellino-Rochetta”).
La linea ferroviaria corre alle falde delle colline irpine, per cui la maggior parte delle stazioni si trova in media a 4/5 chilometri di distanza dai centri e solo pochi paesi hanno il piacere di ritrovarsela in prossimità del centro abitato, come Salza I., Lioni.
I Comuni irpini, infatti, sono per lo più arroccati sulla sommità delle colline o sparsi ai fianchi dell’Appennino Campano,come Chiusano, Castelvetere.
Veri e propri tesori di beni culturali in molti paesi, che contano per lo più dai mille ai tremila abitanti, si ergono immancabili rocche o castelli.
Sotto la protezione dei feudatari di turno una volta si ponevano per vivere sicuri gli umili contadini del borgo.
In questo contesto si è sviluppata la nostra civiltà contadina con i suoi umori, sapori, tradizioni, usi, costumi, con i suoi valori e tale si è conservata per buona parte del ‘900.
Cosa può trovare il visitatore?
Per riviverne le caratteristiche si potrebbero visitare questi centri, immergendosi nella vita del borgo, spontanea, tranquilla, dove la storia scorre lenta e solo marginalmente interessano i moderni ritmi della televisione e i mass media, mentre vivo rimane il legame alla nostra campagna. Alla cultura del maiale e di altri animali da cortile, oggi come una volta, fanno eco le fasi della campagna: si semina, si sarchia, si coltiva l’orto, si raccolgono frutti, si seguono le piante, si potano le viti, si vendemmia, si compra la legna per il camino; c’è l’usanza delle festività, delle tradizioni, degli usi, con un sapore molto simile a quello agreste di un tempo.
Anche i mestieri non si discostano da questa civiltà. Così si va in giro per l’Irpinia alla ricerca dei mestieri di una volta per carpire aspetti della lavorazione del ferro, della pietra, del legno, dei pizzi e dei merletti.
Da noi sempre poco spazio è stato concesso all’industria.
Da noi si va per fiere, sagre, feste tradizionali, rendendo omaggio alla religione con obelischi di paglia con Santi in cima, come la manifestazione in onore della Madonna a Fontanarosa, dove l’obelisco di paglia reca in cima la Madonna (ad un’altezza di circa 20/30 metri), segno di fede e di auspicata prosperità; medesimo significato ha la festa dell’Addolorata a Mirabella Eclano, dove un altro obelisco, attraverso un percorso lungo e tortuoso, è un altro segno di fede e di venerazione alla Madre-Sposa e Figlia di Dio; a Flumeri si festeggia S.Rocco con un altro obelisco, ma con uguali motivi religiosi, dove la fede si mescola con credenze popolari, fatti comunque segno di sentimento comune per un popolo di fedeli.In queste occasioni i nostri emigranti tornano al paese dai posti più lontani per vivere insieme ai parenti il momento solenne della festa. E così i misteri di Lapio o quelli di Vallata del venerdì Santo, o i battenti della Madonna dell’Arco, o i presepi viventi di Natale che si svolgono a ridosso dei centri storici, come all’interno del castello dei Gesualdo nel paese omonimo, o la festa dell’Angelo a Prata, a Gesualdo. . . , le tradizioni, le feste del Carnevale a Paternopoli, ad Avellino, a Montemarano, le molteplici iniziative che caratterizzano ogni angolo della nostra terra, contribuendo a rendere sempre più affascinante questo lembo di terra irpina,impreziosendola, rendendola pregevole, ricca e varia proprio per le diverse sfumature culturali.
Oggi anche nel mondo sanitario continua a suscitare interesse la nostra cucina, che pare preservi dai brutti mali.
Una volta povera, oggi essa propone piatti tipici, particolari per la loro genuinità, gli stessi di una volta saporiti, semplici, ma pregevoli in una società dei consumi che sente il bisogno di rivedere certe regole per un migliore equilibrio dell’organismo. Spazio sempre più considerevole, inoltre, hanno i formaggi nostrani, e poi i tartufi e una eccellente varietà di dolci tradizionali, tutta una ricchezza sana, sobria, mediterranea, che ormai è nota nel mondo.
L’Irpinia è anche terra di escursioni, mentre le strade di campagna, ingolfate nelle varie tonalità di colori a seconda delle stagioni, ispirano gli artisti, si prestano a lunghe passeggiate, a piedi o in bicicletta.
Si può andare per musei, sorti oggi in conseguenza di ricerche e scavi archeologici, che hanno fatto registrare una grande densità della presenza preistorica riscontrata nell’area della media valle del Calore, dovuta tanto alla grande disponibilità di terreni molto fertili che alla collocazione nodale lungo antichi percorsi naturali. Infatti, valicando la breve e bassa dorsale che divide il fiume Sabato dal Calore, quest’area permette le comunicazioni più facili e dirette tra il versante tirrenico campano e quello adriatico pugliese. Non di meno tutta questa zona, caratterizzata da rilievi collinari di altezza moderata e da ampie vallate fluviali, costituisce anche un comodo raccordo tra le aree appenniniche interne poste a nord (Sannio beneventano e Molise) e a sud (Campania meridionale e Lucania).Disseminato,invece, è tutto il territorio della storia più recente romana e così di testimonianze medioevali.
Il treno, un mezzo tradizionale, antico, familiare, lento nel suo porsi, mentre si lascia andare nel fumo dei ricordi, può, nelle sue comode, romantiche tappe, favorire, riavvicinarci al mondo semplice nostrano di un tempo, oggi rinnovato per il turismo, e ridare una giusta dimensione alla frenetica corsa di una società che rischia di non essere più a misura d’uomo.
In fondo in ognuno di noi c’è ancora tanta voglia di passato di cose semplici, ma pulite:il cinguettio di un uccello, o lo spettacolo della luna o le tenebre della sera per fortuna ancora turbano, affascinano, ammaliano il nostro spirito con foscoliano sapore, mentre i comignoli che fumano fanno pensare all’intimità del focolare, della famiglia, all’amore per i campi, tanto cantato da Virgilio, amore rinnovato, modificato, ma mai estinto, per tutte le cose, che Dante chiama “motore dell’universo”.