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La presa di Ariano del 1255 ad opera dei Saraceni di Lucera

by Giuseppe Perrina

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L’11 agosto di ogni anno l’associazione “Sante” Spine rievoca la memoria dei fatti del 1255 attraverso il simbolico incendio del campanile. Foto: Photo Fantasy Peluso

La strada che fiancheggia la Cattedrale di Ariano e che porta da piazza Duomo a corso Vittorio Emanuele è denominata via Del Riscatto ma per tutti gli arianesi è meglio conosciuta come “la carnale”. In questo caso la toponomastica orale reca la memoria di uno degli eventi più tragici per la storia cittadina: la presa, la distruzione e l’incendio del 1255 ad opera dei Saraceni di Lucera.

Dalla parte Sveva alla parte Guelfa

Ariano sotto il regno di Federico II di Svevia fu una città regia e a testimoniarlo ci sarebbero tre documenti. Nello Statuto sulla riparazione dei castelli demaniali del 1230-1231 Ariano compare nella seguente locuzione: “Castrum Ariani potest reparari per homines eiusdem terre, Montis Flasconis, Genestre, Campanari, Amandi et Monticuli (1)”. Un documento del marzo 1240 invita i baiuli, i giudici e le popolazioni delle città demaniali, tra le quali Ariano, ad inviare due rappresentanti per l’Assemblea di Foggia (2) “perché possano contemplare la serenità del nostro volto e riportarvi la nostra volontà”. Un altro, datato 28 aprile 1240, ordina ai baiuli della regia città di Ariano di assicurare le cure ad un suo stallone, ammalatosi transitando per la città, e ordina di inviarlo a corte appena guarito. 

Alla morte dello stupor mundi, avvenuta il 13 dicembre 1250 a Castel Fiorentino, il regno fu al centro delle contese fra l’impero e il papato. Tra la primavera e l’inverno del 1251 le città di Foggia, Bari, Barletta, Napoli, Capua e Avellino passarono dalla parte del pontefice. In questo periodo probabilmente anche Ariano cambiò vessillo.

Rifugio dell’esercito pontificio

Morto l’imperatore Corrado, per una gastroenterite o forse per avvelenamento di Manfredi, e fallito ogni tentativo di mediazione con Manfredi, reggente in nome dell’erede al trono Corradino, il papa ritenne che fosse giunto il momento di invadere il regno e a tal proposito nominò suo nipote Guglielmo Fieschi, cardinale di Sant’Eustachio, legato pontificio e comandante dell’esercito pontificio. 

Dopo vari combattimenti, a seguito di una strepitosa vittoria ottenuta da Manfredi a Foggia il 2 dicembre 1254 i membri dell’esercito pontificio abbandonarono precipitosamente la città di Troia “cercando soltanto di salvare la vita. Cosicchè le donne della città poterono prendere per le redini gli animali dei fuggitivi carichi di ogni ben di Dio. Addirittura alcuni consegnarono volentieri le armi ai Troiani perché agevolassero loro la fuga (3)”.

Tommaso Vitale, autore della storia della città di Ariano del 1794, afferma che l’esercito papalino ”non trovando più opportuno, e sicuro luogo, che la città di Ariano, prossima a Troja, entrò in essa con tutto il suddetto esercito; ed i cittadini all’improvviso così sorpresi, dovettero arrendersi ai voleri del Cardinal Legato (4)”. Queste parole del Vitale, decisamente di parte guelfa, sono emblematiche in quanto lasciano intendere che sebbene la città di Ariano fosse favorevole alla causa pontificia avrebbe preferito tenersi ai margini della guerra. 

Il Legato chiusosi in Ariano con le sue truppe, e aspettando gli ordini dal Pontefice Innocenzo IV che si trovava a Napoli, avviò un’attiva propaganda per convincere le città del circondario a passare dalla parte del papa, pena il saccheggio. Manfredi seppe di quest’attività dagli abitanti della Terra della Guardia Lombarda e a sua volta promise protezione a quanti abbracciassero la sua causa.

Il 7 dicembre il Pontefice morì “come alcuno scrisse, per lo cordoglio, che ebbe nel sentire la novella della vittoria, ottenuta in Troja da Manfredi (5)” e il Legato, avuta la dolorosa notizia, partì subito per Napoli. 

Successivamente il nuovo pontefice Alessandro IV contese con fermezza agli Svevi il possesso delle città e dei castelli di Terra di Lavoro e di Principato ma Manfredi al contempo contrastò con forza la presenza pontificia nel territorio campano. 

“infidam fidem fregerunt, et fidelem perfidiam direxerunt” 

Ariano restò, nella zona, l’unica piazzaforte pontificia, isolata e senza la possibilità di aiuto dopo la ritirata del Legato ma nonostante ciò la città del Tricolle a detta di Nicolò Jamsilla (6), scrittore della Historia de rebus gestis Friderici II eiusque filiorum, “per la natura stessa del luogo e del popolo è invittissima (invincibilissima) (7)” e ancora “sendo posta su un alto monte, ed essendo molto malgevoli e strette le vie per salirvi, non potea in verum modo essere né assediata né presa d’assalto (8)”

Federico Maletta, zio di Manfredi, Capitano di Capitanata pensò di conquistare Ariano con l’astuzia ordendo un notabile tradimento.

Jamsilla così descrive i fatti del 5 aprile 1255 (9) nella sua cronaca: “ … (Maletta) fece che sotto colore d’una confederazione tra que’ d’Ariano e alcuni di Lucera che s’infinsero occulti nemici del Principe, que’ di Lucera, quasi fuggissero della loro terra e volessero riparare in Ariano in aiuto degli abitanti, entrassero di notte tempo nella città. I quali poiché furono nella Terra, rompendo la falsa fede, mostrarono fedele perfidia, perocchè cominciarono subitamente ad uccidere alcuni cittadini d’Ariano, che venivano loro incontro, onde non permettendo la notte che si facessero alcuna distinzione tra’ cittadini e gl’inimici, fecero quelli una grande strage di sé medesimi; e così la città fu presa e distrutta: e molti de’ cittadini in quella notte furono morti, molti si diedero a fuggire, ed alcuni de’ principali della terra, che erano stati i capi della ribellione, furono legalmente sentenziati a morte, ed altri di mediocre e più vile condizione … vennero scacciati di quel luogo e mandati ad abitare in altre parti del regno (10)”.

Una fonte più tarda, la “Chronismus Civitatis Ariani” dell’abate Capozzi datata 1596, oltre a narrare quanto poc’anzi descritto dal cronista svevo aggiunge due importanti dettagli: l’incendio della città allorquando afferma che “molti ne restarono dal fuoco abbrugiati (11)” e la violazione delle chiese da parte delle milizia asserendo che “non perdonando nemmeno le chiese, che però la cattedrale e tutte le altre si ridussero al suolo (12)”.

Ariano quindi “cadde non per mancanza di forza o per stanchezza nella lotta ma per tradimento (13)” e così in un giorno perse i tesori accumulati, i cittadini più valorosi e le memorie dell’archivio. 

Papa Alessandro IV con bolla del 1260 e papa Urbano IV con bolla del 1262 invitarono re Manfredi, incoronato il 10 agosto 1258 nella cattedrale di Palermo, a comparire per essere giudicato ed elencarono tra le sue colpe la distruzione di Ariano che avvenne al di fuori delle regole di guerra. 

Note

  1. O. Zecchino, Vicende giuridiche del castello tra Normanni e Svevi, in Il castello di Ariano, pg. 338;
  2. L’assemblea si sarebbe tenuta nel giorno della domenica delle Palme;
  3. E. Cuozzo, La contea e la città regia di Ariano tra Svevi e Angioini (1194 – 1417), in Il castello di Ariano, pg. 150;
  4. T. Vitale, Storia della regia città di Ariano e sua Diocesi, pg. 67;
  5. Ivi, pg. 68;
  6. Il nome Jamsilla rimanderebbe al possessore del manoscritto e non al suo anonimo autore;
  7. O. Zecchino, Vicende …, pg. 339;
  8. Ivi, pg. 339;
  9. Riguardo alla data dell’evento Flammia parla del mese di marzo del 1255, Cambria del giorno 5 aprile 1255 mentre il prof. Cuozzo del marzo 1257;
  10. O. Zecchino, Vicende …, pg. 340;
  11. A.A. Verardi – Gens Normannorum. Breve storia dei Normanni in Europa, pg. 62;
  12. Ivi, pg. 62;
  13. G. Grasso – Il castello di Ariano, pg. 57.

Bibliografia

D. Cambria – Ariano nella storia dai normanni all’Unità d’Italia;

C. De Padua, P. Giardino – Ariano storia e assetto urbano dalle origini al tramonto dell’età moderna volume I;

N. Flammia – Storia della città di Ariano dalla sua origine sino all’anno 1893;

G. Grasso – Il castello di Ariano;

A.A. Verardi – Gens Normannorum. Breve storia dei Normanni in Europa;

T. Vitale – Storia della regia città di Ariano e sua Diocesi;

F. Zecchino – Il castello di Ariano.

Testo Giuseppe Perrina

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