In questo articolo, vi racconterò di una storia nelle storie. Una macrostoria che si innesta su pluralità di microstorie.
Quello che vi sto per narrare, sembra il frutto di uno dei più geniali romanzi storici dell’ Ottocento, invece è assoluta realtà contemporanea.
Vi parlerò, della lungimiranza e dell’ assoluta costanza di un giovane, che ha fatto della sua passione una ragione di vita.
Porterò all’ attenzione dei lettori, il lavoro di recupero della memoria storica, realizza da Gaetano di Vito che è riuscito a creare una parentesi spazio-temporale, un ponte di collegamento, tra il passato e la contemporaneità, grazie al suo museo, della civiltà contadina, delle arti e dei mestieri.
Ho avuto modo, più volte, di apprezzare personalmente, l’indagine di Gaetano sul campo, nonché trascorrere insieme, momenti molto intensi al museo, per tanto, vi racconterò da testimone diretto.
In particolare, vi parlerò di alcuni reperti storici sui generis
UN GIOVANE: UN’UNICA PASSIONE…
Museo delle cose perdute photo Antonio Ferragamo
Gaetano fin dall’ adolescenza, ha avuto ed ha, il tarlo per tutto ciò che trasuda di antico.
Ogni casolare di campagna veniva perlustrato, da cima a fondo, in cerca di attrezzi abbandonati.
Proprio quelle res nullius, erano oggetto di indagine privilegiata. Il suo primo oggetto recuperato, fu una falce.
Da allora, ogni giorno, la sua raccolta, è diventata sempre più copiosa e sempre più eterogenea.
Le sue giornate avevano un solo obiettivo, trovare qualcosa. Rilevante non era il valore venale dell’oggetto, bensì scoprirne ed apprezzarne l’utilizzo che di quell’ utensile ne era stato fatto e possibilmente ricostruirne la storia.
Gaetano, con la sua costante e certosina indagine è riuscito a dare voce perfino ad un chiodo arrugginito, salvando dall’ oblio del tempo una memoria storica di inestimabile valore storico-antropologico.
LE DIVERSE LOCATIONS DEL MUSEO
Museo delle cose perdute photo Antonio Ferragamo
Il museo di Gaetano ha avuto varie location, sempre entro il confine di Bonito.
Questo è riprova e testimonianza, del profondo legame con la sua terra, con Bonito.
Le diverse location del museo, sono state necessarie, in quanto dettate dall’ ampliamento in modo esponenziale del materiale rinvenuto, sempre più abbondante ed eterogeneo, raccolto negli anni.
Gaetano riesce a riempire ogni angolo, sfruttando ogni centimetro di parete, senza tralasciare il soffitto.
Ogni cassetto, ogni baule, ogni libreria, ogni teca trasborda di oggetti in bella mostra.
Stampe antiche, documenti inediti, manoscritti, fotografie storiche, giocattoli antichi, forme da calzolaio, centinaia di chiavi in ferro battuto forgiate a mano, decine di pipe in terracotta, pentole di rame.
La ceramica più disparata, dalle “ spase e spasette” ossia i piatti comuni ove tutta la famiglia mangiava, alle brocche di varia capienza “ ammole e ammolelle” ove ognuno beveva, decine e decine di orci, semplici e decorati, di varia grandezza, dalla “ fisina” ai” vasetti” a lo” ciceno”( orcio in terracotta per bere)” al “kinco” ( utilizzato per cuocere la pizza jonna), antichi giocattoli in latta, selle ”varde e varrecchie”, utensili per arti e mestieri ormai desueti, arte sacra, costumi tipici, elmetti , divise militari, maschere anti gas, scarpe chiodate “ co le centrelle”, nonché strumenti medici, sono solo alcune delle categorie merceologiche presenti al museo.
Nell’ agosto del 2011, il museo troverà definitiva allocazione in vico Masaniello in Bonito.
L’ edificio ove è stato allocato il museo è frutto della donazione di due benefattrici bonitesi: la prof.ssa Ermelinda e Rosaria Pagella, che avevano capito ed apprezzato l’opera di valorizzazione e recupero delle antiche memorie
IL COPERCHIO DI UNA PENTOLA (LO TIESTO) TRATTO DALLA CARLINGA DI UN AEREO
Oltre alle migliaia di oggetti ed utensili descritti sopra, ognuno con le sue peculiarità intrinseche ed estrinseche, dovute anche alle modalità di rinvenimento, alcuni meritano una citazione ed una descrizione obbligatoria.
Durante il secondo conflitto bellico, nelle immediate vicinanze di Bonito, si schiantò un velivolo militare e dei contadini assistettero alla scena increduli.
Si recarono sul posto, ma trovarono solo un groviglio di lamiera. L’ estrema miseria faceva di necessità virtu’.
Ogni cosa veniva recuperata, allo scopo di essere riutilizzata. Si pensò di fare lo stesso con ciò che restava dell’ aereo.
Ognuno dei presenti, cercò di recuperare qualcosa che poteva essere riutilizzato.
Uno di loro riuscì a recuperare una parte di lamiera, la portò a casa e pensò bene di ricavarne un bel coperchio, semplicemente installando una maniglia.
A distanza di tanti decenni questo coperchio è stato gelosamente custodito, dato l’enorme valore simbolico- affettivo.
Un oggetto, semplice, dal punto di vista funzionale e di alcun valore economico, racchiude una storia che si dipana per decenni.
LA PEDATA: TRACCIA DI ANTICHI SORTILEGI
L’ immaginario collettivo, per esorcizzare le ancestrali paure umane, relative alla morte, alla buona salute, all’ incertezza del futuro, al buon raccolto nonché a trovare l’ amore sperato, faceva ampio ricorso alla magia, alla superstizione, ai rituali divinatori e propiziatori, in quanto elementi connaturati nella quotidianità del mondo rurale.
In questo contesto Gaetano è riuscito a trovare la prova materiale di un sortilegio in campo amoroso.
Ha recuperato un mattone di argilla, ove è chiaramente ed inequivocabilmente impresso il piede di una donna.
Secondo quanto ci racconta Gaetano, la donna a cui si voleva indirizzare questo malefico, veniva fatta ubriacare, e l’argilla fresca lasciate ai piedi del letto.
La donna, ancora presa dai fumi dell’alcol, appena scendeva dal letto, senza accorgersene, con il peso imprimeva la propria impronta del piede sul mattone.
Il mattone di argilla, con il calco , veniva recuperato e lasciato al sole o messo nel fuoco o in un forno.
La leggenda racconta che all’ asciugarsi del mattone per analogia si consumava la persona.
IL VALORE AGGIUNTO DEL MUSEO
Gaetano ricorda con estrema precisione dove e come è stato rinvenuto ogni oggetto della sua collezione.
A differenza di qualsiasi altro polo museale, ove troverete nella migliore delle ipotesi solo un’ arida descrizione degli oggetti su una tabella, nel museo delle cose perdute, Gaetano, da voce ad ogni oggetto, ne ricorda con passione le peculiarità funzionali e le vicende che orbitano intorno all’ oggetto stesso, portandolo nuovamente a vivere in una nuova dimensione ideale ed emotiva.
Il museo non è sic et simpliciter una raccolta di oggetti, ma una raccolta di oggetti che hanno un’ anima e un’ identità.
Gaetano a buon diritto, è il depositario di una cultura immateriale, che ha saputo assimilare nel tempo stando a contatto con le persone più anziane del paese.
Questo costituisce un quid pluris di inestimabile valore, che si traduce semplicemente in un unicum.