E’ nella città di Cave, un comune italiano di 10.998 abitanti, provincia della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio, che si trova la sorgente detta “di Santo Stefano”.
[queste le coordinate GPS per raggiungere la Fonte di Santo Stefano a Cave (RM): 41.82061725629046, 12.93741855552055]
L’acqua di Santo Stefano di Cave sgorga da una fontana che si trova a nord est di Cave, a qualche centinaio di metri dalla cittadina, in un bacino pianeggiante alla base del Monte Cervino (noto come “la Montagnozza”), all’altezza collinare di 360 metri.
L’acqua minerale scaturisce fra sedimenti vulcanici certamente dotati di forte radio attività da sorgenti sotterranee del Monte Manno (933 m s.l.m.), nella catena appenninica dei Monti Prenestini.
Meno conosciuta dell’acqua di Fiuggi, l’acqua diuretica che sgorga dalla polla di Cave è stata trovata ugualmente molto utile nelle malattie del ricambio e, in modo speciale, delle calcolosi, della diatesi urica, dell’uricemia, della gotta, della renella, della calcolosi tanto renale quanto vescicale e, per riflesso, di tutti quei disturbi che trovano un punto d’origine nell’uricemia.
Si dice sia anche utile per le nevralgie, qualche malattia della pelle e per tutte le forme infiammatorie delle vie urinarie.
La fonte si trova all’interno del Parco naturale Villa Clementi, realizzato nel XIX secolo. Un parco di circa 45 ettari costituito sia da coltivi sia da centinaia di alberi secolari di alto fusto, di ogni genere e specie, che apparteneva in passato, insieme alla villa alla famiglia Clementi.
Durante l’ultimo conflitto mondiale, la Villa fu occupata dai soldati tedeschi e trasformata in autoparco, fu anche bombardata dagli aerei alleati.
Alla fine degli anni ’70 la quasi totalità del terreno appartenente alla Villa fu suddiviso in decine di lotti e venduti per costruirci un quartiere residenziale. L’area cambiò completamente aspetto in quanto furono abbattuti viali alberati per dare spazio ad abitazioni e strade asfaltate. Contestualmente, la famiglia Clementi donò alla Città di Cave la parte del Parco che sovrasta la strada SS155, con una parte pianeggiante adibita a verde urbano e una parte in pendio occupata da tigli, acacie, cipressi, abeti e castagni.
Oggi il Parco è riconosciuto dalla Regione Lazio quale Monumento Naturale protetto assieme alla sorgente di acqua “Fonte di Santo Stefano” e insieme costituiscono il Parco Comunale di Cave a disposizione dei cittadini con un ampio parcheggio a pochi metri dai maggiori servizi della Città.
Le proprietà curative dell’acqua oligominerale di Santo Stefano furono studiate dal medico condotto di Cave, dott. Luigi Airola, per oltre 40 anni. Airola ne annotò gli effetti benefici riscontrati sui suoi pazienti in un suo libercolo che oggi è conservato presso la locale biblioteca comunale.
Si narra che bere l’acqua di Santo Stefano giovò anche a Michelangelo Buonarroti, mentre dipingeva a Roma per il Pontefice la Cappella Sistina, per curare la sua calcolosi renale.
Cave è immersa nel verde dei boschi di castagni che la circondano ed è un luogo ideale per passeggiare e praticare walking mentre si sorseggia di quest’acqua “salutare”, percorrendo i percorsi ed i sentieri dei Monti Prenestini segnalati dal Club Alpino Italiano (vedi mappa http://www.caipalestrina.it/sentieri-monti-prenestini.html )
Cave fu uno dei più antichi castelli del medioevo nel Lazio, un “oppidum” all’epoca noto col nome di “Castrum Trebanum”.
Fu feudo dei Colonna ed oggi vi si possono vedere alcuni degli avanzi medioevali di molta importanza, fra cui le vestigia dell’antico castello e delle sue mura.
Il territorio circostante il borgo di Cave era detto “territorium Trebanense” e gli abitanti erano detti “agri praenestini incolae”.
L’attuale toponimo di Cave, deriva molto probabilmente dalle cave di pozzolana e tufo che furono aperte nel X secolo, quando si insediò nel luogo un’intera comunità di abitanti che lavorava all’estrazione di queste rocce.
La storia di Cave, durante i secoli si intreccia anche con le vicissitudini dello Stato Pontificio, come ad esempio la Guerra tra l’imperatore Carlo V d’Asburgo e il re di Francia Francesco I di Valois, quando i Colonna presero le parti degli imperiali; poi quando nel dicembre 1526 Clemente VII ordinò di armare un esercito, comandato dal capitano di ventura Vitellozzo Vitelli e dal legato pontificio Agostino Trivulzio, che rase al suolo quattordici feudi laziali dei Colonna, tra cui Marino, Zagarolo, Gallicano, Artena, Subiaco e Cave; poi la Guerra del Sale (1556–1557) combattuta tra lo Stato Pontificio, sotto papa Paolo IV (Gian Pietro Carafa, collateralmente imparentato con i nobili napoletani Caracciolo), e la Spagna.
Dopo il primo conflitto mondiale, il palazzo dei Colonna venne adibito a caserma dei Carabinieri e durante il secondo conflitto mondiale, vi alloggiarono i soldati.
Cave è anche nota per essere stata sede del meeting del 29 settembre 1997, durante il quale venne fondato il movimento politico nazionalista di estrema destra Forza Nuova.
Il territorio di Cave, insieme con quello della vicina cittadina di Rocca di Cave, rinomata per la sagra della Castagna e dei Marroni e per essere sede dell’Osservatorio Astronomico, è conosciuto fra gli studiosi paleoambientali e paleogeografici per le sue testimonianze fossili di circa 100 milioni di anni fa.
l’Osservatorio Astronomico di Rocca di Cave (RM) con la sua terrazza panoramica
In quell’era geologica tutta la catena dei Monti Prenestini, compreso il Monte Manno su cui si erge Rocca Di Cave, si trovava al di sotto del livello del mare costituendo un’imponente barriera corallina. Vi sono stati infatti rinvenuti interi cespi di coralli in posizione fisiologica, con porzioni di colonie ampie alcuni metri, ed esemplari isolati sparsi nella matrice calcarea.
Il Monte Manno, oltre ad aver fatto parte alla barriera corallina per moltissimi milioni di anni, fu anche un vulcano che restò attivo fino a pochi milioni di anni fa, motivo per cui si possono trovare anche rocce di tipo vulcaniche.
Molto importante è stata anche la scoperta, nel 2016, dei resti ossei di un sauropode, vissuto circa 112 milionidi anni fa e ribattezzato con il nome Tito.
Ciò ha fatto si che gli esperti potessero arrivare a dire che, durante il Cretaceo Inferiore, la nostra paleopenisola era molto più estesa, e tale da favorire gli spostamenti dei dinosauri dall’Africa all’Europa.
Per approfondimenti sulla storia del dinosauro italiano Tito: http://www.roccadicave.rm.gov.it/notizia/tito-primo-dinosauro-sauropode-italiano/