PREMESSA
Questa tematica ha visto impegnati nel corso del tempo intere generazioni di studiosi addetti e non ai lavori. Argomento che è stato proprio negli ultimi anni ancora più in auge ed oggetto di ulteriori studi e ricerche sul campo.
Il mio modesto apporto si propone di poter trasmettere l’emozione e l’ammirazione che la nostra Irpinia merita, offrendo delle nozioni in pillole al fine di suscitare ulteriori analisi di ricerca e riflessioni.
PERCHÉ SI CHIAMAVA VIA APPIA?
La via Appia prende il nome dal suo ideatore, il censore Appius Claudius Caecus (Appio Claudio Cieco). Costruita tra il 312 e il 308 a. C, definita Regina Viarum perché risulta essere l’asse viario più importante dell’antichità di tutta l’Italia meridionale con l’intento di essere la diagonale del Mediterraneo congiungendo l’Oriente con Roma.
Arteria di rapido scorrimento, vi transitavano schiavi, uomini liberi, viandanti, maghi, poeti, artisti, scrittori ma soprattutto merci e soldati. L’Appia non è stata solo un percorso ma è stata soprattutto uno straordinario strumento di integrazione socio-culturale tra culture, tradizioni, costumanze e fedi diverse. Ancora di più è uno strumento di penetrazione e logistica militare che consente di far spostare soldati e mezzi con estrema velocità da un punto ad un altro.
Caratterizzata da percorsi rettilinei e piuttosto agevoli consentiva la marcia dei carri in entrambe le direzioni di marcia con una carreggiata di circa quattro metri e una lunghezza totale di circa 364 miglia insomma una vera e propria autostrada dell’antichità. Parlano dell’Appia: Strabone, Tito Livio, Orazio e Tacito identificandola con la strada che conduceva Roma a Capua poi estesa fino a Brindisi.
L’ IRPINIA: TAPPA OBBLIGATORIA DEL PERCORSO. PRIMO TRATTO DA PONTE ROTTO AD AECLANUM
Il percorso della via Appia in territorio irpino ha un “ terminus a quo” ed è unanimemente considerato il Ponte Rotto o ponte Appiano che si trova alla confluenza di tre comuni irpini: Bonito, Mirabella Eclano , Venticano e due provincie (Benevento e Avellino).
Con una estensione lineare di circa 150 metri, un’altezza media di 13 metri e ben 7 piloni, il Ponte Appiano dominava il fiume Calore. Le sue vestigia dopo circa duemila anni sono testimonianza di alta ingegneria.
TRA BONITO E MIRABELLA ECLANO, DUE TOPONIMI SIGNIFICATI: GUADO DEI MORTI E ‘’LO CEFURIO”
Da Ponte Rotto l’Appia si dirigeva verso Aeclanum, l’odierna Passo di Mirabella, attraversando contrade il cui toponimo è estremamente significativo ed esplicativo come Guado dei Morti e “Cifurio”.
A Guado dei Morti, si sarebbe combattuta una sanguinosa battaglia probabilmente ascrivibile alla seconda guerra punica e ancora negli anni Trenta del secolo scorso era stato scoperto parte di lastricato poi reimpiegato.
L’altra zona, “Cifurio” o “Lucefurio” o “Lo Cefurio”, voleva ricordare Lucio Furio comandante romano caduto in battaglia contro gli Irpini nel terzo sec. a.C. ove in sua memoria fu eretto un sepolcro a forma circolare con archi.
SUPERATA AECLANUM NESSUNA CERTEZZA MA DIVERSE IPOTESI. QUESTIONE APERTA…
Si prospetta che superata Aeclanum la strada si divaricasse in due rami: uno verso nord in direzione Flumeri-Fioccaglia sito particolarmente rilevante e il ramo sud verso la Valle d’Ansanto quindi Frigento, Guardia Lombardi proseguendo per Bisaccia fino a Lacedonia.
Una tesi autorevolmente sostenuta, riconduce il tracciato originario con quello che si estende quasi parallelo alla destra del fiume Ufita fino a Sferracavallo presso Vallata proseguendo per Bisaccia e Lacedonia.
IN ATTESA DI ULTERIORI EVIDENZE ARCHEOLOGICHE
Allo stato dei fatti abbiamo sicuramente diversi elementi evidenti e diverse tesi validamente sostenute ma ancora non si è giunti ad alcuna conclusione oggettivamente incontrovertibile.
Abbiamo diverse tessere di uno dei mosaici più belli delle nostre radici irpine. In attesa di ulteriori scoperte archeologiche e ulteriori sviluppi d’indagine ritengo che è da preferire la ricerca della verità piuttosto che l’arida verità fine a sé stessa…