Nel Museo diocesano di Ariano Irpino, nella sala dei paramenti sacri, dietro una lastra di
vetro è conservato il parato verde del sacerdote arianese Camillo Savina, realizzato, come dice
l’iscrizione cucita sul retro della pianeta, nel 1636.
Il parato è composto dalla pianeta, il paramento liturgico usato dal sacerdote durante la
celebrazione eucaristica, simile alla casula ma senza l’ingombro delle braccia; la stola, una striscia
di stoffa lunga posta da sacerdoti attorno al collo, con i lati lunghi che pendono sul davanti, che
viene indossata durante tutti i riti sacri (è l’elemento distintivo del ministro ordinato); e dal
manipolo, una striscia di stoffa simile alla stola, ma più corta, che veniva posta sul braccio sinistro
durante la celebrazione eucaristica.
Il colore del parato, il verde, è quello proprio del tempo ordinario nella liturgia cattolica.
La liturgia cattolica, infatti, attraverso la simbologia cromatica vuole individuare
visivamente il tempo liturgico in corso o la festa che si sta celebrando. Nel nostro caso, il verde è un
simbolo di speranza, di costanza e di ascolto perseverante. Accompagna il cammino quotidiano dei
sacerdoti e dei fedeli che ad essi si rivolgono.
I parati, di cui è visibile solo la pianeta, sono realizzati in damasco, un tipo di tessuto in tinta
ad effetto lucido-opaco caratterizzato, in questo caso, da disegni floreali. Ornato poi con galloni oro
e rosso.
Sul lato posteriore della pianeta, quello più visibile secondo la liturgia tridentina che
prevedeva, rispetto ai fedeli, la celebrazione eucaristica del sacerdote di spalle, nella parte inferiore,
è cucito lo stemma del committente Don Camillo Savina, raffigurante un braccio che stringe un
ramo a tre fronde con il motto: FUGATUR ISTA DEMO, circondato dalla seguente iscrizione:
DOMNUS CAMILLUS SAVINA * RECTOR PROPRIO SUT:U FIERI FECIT 1636.
Camillo Savina, visse nel XVII secolo, fu prima canonico della Collegiata di S. Pietro, poi
fu Parroco della Chiesa di S. Bartolomeo, e infine canonico del Capitolo della Cattedrale.
Fu, secondo il giudizio dell’abate Francesco Antonio Vitale, un mediocre poeta.
Morì poco prima dell’8 settembre 1669, quando il nipote Domenico de Comite divenne
canonico al suo posto nella cattedrale.
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