Dal 1977 nella Chiesa di Santa Maria Assunta di Bonito è conservata una statua lignea della Vergine, con iconografia piuttosto insolita, conosciuta come “Madonna della Valle” o “Divina Pastora”.
Prima di quell’anno l’immagine era conservata nella Chiesa della Madonna della Valle (da cui il primo titolo della Madonna), un piccolo edificio sacro ormai abbandonato, situato nella vallata tra Bonito, Apice e Melito.
La chiesetta era stata riaperta al culto solo dal 27 maggio 1972, quando nel dicembre 1976 iniziò un movimento franoso che fece inclinare l’edificio sacro e molte case coloniche circostanti.
Questo edificio era uno dei più antichi del territorio bonitese, la sua edificazione si faceva risalire alla fine della dominazione longobarda e più volte era stato ricostruito nel corso dei secoli. L’ultima ricostruzione risaliva agli anni successivi al terremoto del 21 agosto 1962.
Con l’inizio del movimento franoso tutti i suppellettili sacri dell’edificio, tra cui anche la statua della Madonna, furono trasferiti al paese e lì sono ancora conservati.
L’iconografia di questa statua è isolita come anche l’altro titolo è insolito: “Divina Pastora”.
La Madonna è raffigurata in uno scenario che possiamo definire “agreste”. È rappresentata nelle vesti appunto di pastore o pastorella, con in testa un cappello a larga tesa e nella mano sinistra un bastone che usa per guidare e vigilare due pecorelle poste ai suoi piedi.
Spiccano inoltre una tunica rosacea su cui indossa un grande manto azzurro e una mantellina di lana bianca che viene aggiunta in occasione della festa che si svolge la domenica di Pentecoste.
Don Carlo Graziano, il grande storico bonitese, scomparso da poche settimane, aveva dedicato a questa immagine, e alla sua chiesa, numerose pagine dove ricostruisce in maniera eccellente la simbologia iconografica, che tra poco ripercorrerò brevemente. Tuttavia, pur facendo qualche interessante congettura, non chiarisce, per mancanza di fonti, le origini del culto della Divina Pastora a Bonito.
L’allegoria è una trasposizione al femminile del tema evangelico simbolico del Buon Pastore: le pecorelle rappresentano le nostre anime condotte al pascolo da Maria, la quale veglia e vigila sulle stesse affinché il demonio, visto come un lupo, non attacchi le povere pecore.
Il culto della Divina Pastora nasce in ambito spagnolo, inseguito all’apparizione della Vergine nelle vesti di pastora al frate cappuccino S. Isidoro di Siviglia. L’evento risale ai primi anni del XVIII secolo (1703 per la precisione).
S. Isidoro ne diffuse la devozione, mentre il pittore sivigliano Alonso Miguel De Tovar in seguito ne fissò l’iconografia in ambito artistico.
Dalla Spagna la devozione si diffuse poi nei paesi di lingua spagnola e poi attraverso i padri Cappuccini nel resto d’Europa e in Italia.
In Italia Meridionale, tuttavia, nonostante la forte presenza dei padri cappuccini, il culto della Divina Pastora fu favorito e diffuso prima dagli Alcantarini e poi in maniera cospicua da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori e dal suo ordine: la Congregazione del Santissimo Redentore, meglio noti come Redentoristi.
Sant’Alfonso fu un grande devoto della Divina Pastora, il cui culto apprese durante la frequentazione del convento alcantarino di Santa Lucia al Monte. Infatti commissionò varie riproduzioni artistiche della Divina Pastora e le destinò alle prime case della Congregazione. Inoltre per tutta la vita conservò presso di sé una tela che raffigurava la Vergine in queste vesti. Favorì inoltre il suo culto nelle varie missioni. Non era inusuale l’uso di questa immagine da parte dei redentoristi nelle varie missioni. Numerosi poi sono gli scritti redentoristi dedicati alla Divina Pastora, come “La Divina Pastorella o guida spirituale dell’anima” del redentorista P. Francesco Antonio De Paola.
Insomma era un tema molto caro ai Redentoristi. Ma pochi sanno che anche tra Bonito e i Redentoristi ci fu uno stretto rapporto durante la prima metà dell’Ottocento
Nel 1822 i Padri Redentoristi aprirono a Bonito un proprio collegio, una casa, o meglio un convento, che trovò sede nelle vecchie strutture di un antico convento domenicano, il quale era adiacente proprio alla Chiesa della Madonna della Valle. Il collegio restò operativo fino al 1837 e cioè fino a quando il Comune decise di destinare un area annessa alla Chiesa e all’antico Convento a cimitero per i morti di colera.
È probabile quindi che il culto della Divina Pastora fosse stato introdotto o, anche solo, favorito dai Padri Redentoristi.
Purtroppo allo stato attuale delle ricerche non possiamo definire con precisione l’epoca di incontro dei Redentoristi con Bonito.
Per l’Ottocento abbiamo notizia della fondazione di questo collegio, ma è probabile che questo legame si fosse creato già nel Settecento con le numerose missioni o esercizi spirituali compiuti dai Redentoristi nella regione irpina. Infatti nel 1777 abbiamo notizia di alcuni esercizi spirituali compiuti dagli stessi Padri durante la Quaresima nel vicino comune di Grottaminarda. Mentre sempre da Grottaminarda proveniva il Padre redentorista Fabio Buonopane, il quale fu uno stretto collaboratore di S. Alfonso.
Torniamo ora alla statua della Vergine. Don Carlo Graziano sulle base di alcune notizie riportate da una delibera del consiglio dei decurioni (antenato dell’attuale amministrazione comunale) del 26 maggio 1839, data la statua al 1779: «la mirabile statua della Divina Pastora, cui la cappella va intitolata, fu fatta a spese del Comune, mercé i deputati Sig. Giovannantonio Cassitto e Filippo Miletti, da “sessantanni in circa” [le virgolette sono mie], e che finalmente a spese del Municipio vennero costruiti, il tabernacolo, la volta, il soffitto, i cappelloni, i quadri, l’organo, il pulpito, la campana, e tutti insomma i sacri arredi che decorano il tempio, nonché le riparazioni alle fabbriche collabenti che li riguardavano»,.
La nota è preziosa anche se è probabile che presenti qualche inesattezza storica sulla datazione preposta. Il “Giovannantonio Cassitto” ricordato va sicuramente identificato con Giovanni Antonio Cassitto, l’illustre personaggio bonitese dalla cultura enciclopedica e autore di numerosi studi, il quale tuttavia nel 1779 aveva poco più di quindici anni, essendo nato nel 1763. Sappiamo inoltre che fino al 1785 visse a Napoli e solo dopo la morte del padre fece ritorno a Bonito, dove s’interessò alla politica locale a partire dall’ultimo decennio del XVIII, arrivando a ricoprire la carica di sindaco tra il 1795 e il 1797. Morirà nel 1822, a circa sessant’anni.
Di conseguenza se la statua fu fatta realizzare a spese del comune su istanza dei “deputati” (consiglieri comunali) Cassitto e Miletti dobbiamo necessariamente posticipare la datazione della statua agli ultimi quindici anni del XVIII secolo. Anche se, tuttavia, si deve segnalare che alcuni elementi stilistici – salvo qualche intervento posteriore – portano, in realtà, a datare la statua ai primi decenni del XIX secolo e quindi ad un epoca vicina alla presenza redentorista a Bonito.
Appendice: Preghiera del redentorista P. Giuseppe Pavore, scritta in onore di Maria sotto il titolo di Pastorella.
Maria del Ciel Regina
Maria del Ciel Regina,
Divina Pastorella,
ecco una pecorella,
che si presenta a te.
La pover’alma mia
da’ lupi è combattuta,
e quasi è già caduta
in man del lor furor.
Tutto l’inferno unito
congiura a danno mio,
perduta già son io,
se non mi aiuti tu.
Accorri in mia difesa,
fammi ottener vittoria,
che tua sarà la gloria,
l’onor sarà di te.
I mostri dell’inferno
diranno: “O sorte ria!”
Il ciel “Viva Maria”
per sempre canterà.
Giuseppe Pavone, redentorista
(c) Testo R. M. – Si ringrazia per le foto Vincenzo Losanno
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